Una della tecniche più diffuse del merletto è il tombolo. Essa ha origini molto antiche, anche se non è possibile stabilire con certezza come, quando e dove sia stata inventata: nonostante all’interno di diverse tombe etrusche sono stati rinvenuti fuselli in osso non è a oggi possibile identificare il preciso momento storico e geografico che può essere considerato come il punto di partenza di questa forma d’arte.
I primi documenti effettivamente datati risalgono al XV secolo ma le interpretazioni e le opinioni sono molteplici: c’è chi ritiene che ne sia la culla la Magna Grecia, chi la fa risalire alle Fiandre e chi sostiene che si sia diffusa in tutta Europa solamente a partire dal XVI secolo.
Lo storico Orazio D’Angelo nella sua opera “I merletti e le Scuole professionali femminili dell’Aquila degli Abruzzi” ci mostra come nel 1493, in Abruzzo, la Regina Isabella rimase incantata dalla ricchezza dei merletti delle donne aquilane.
Un documento, risalente al 1476, ci mostra un contratto stipulato a Milano dalla famiglia D’Este di Ferrara, il cui oggetto era “una striscia a dodici fusi per lenzuolo”.
Ad Offida, comune della provincia di Ascoli Piceno nelle Marche, la lavorazione al tombolo risale al 1400, quando questa venne aggiunta a una produzione di passamaneria già esistente; le prime testimonianze scritte risalgono però al 1511 quando, in un documento attestante la liberazione dalla peste, si fa riferimento al pizzo lavorato a fuselli.
In Molise, un registro datato 1503, attesta la produzione di trine a tombolo delle suore del convento di S. Maria delle Monache, già noto proprio per i finissimi merletti con disegni di piccole dimensioni. Inoltre, fu per volere della stessa Regina Giovanna III d’Aragona, amante dei ricami, che le suore benedettine iniziarono poi ad impartire alle educande, tra cui c’era anche sua figlia Giovannella, l’arte del ricamo.
Anche in Lombardia l’origine del merletto è da ricercarsi in un convento: le suore dell’Ordine delle Umiliate, a Cantù creavano addobbi per l’altare e le vesti dei sacerdoti, con l’uso sapiente di filo e fuselli.
In Valle D’Aosta l’arte del merletto a tombolo venne importata dalla Francia nel lontano 1665, dalle monache benedettine provenienti dal monastero di Cluny che diffusero e tramandarono l’intreccio a fili continui, tecnica utilizzata ancora oggi dalle ricamatrici valdostane.
In Veneto, a Burano, venne aperto nel 1981 il “Museo del merletto”, lì dove una volta vi era la storica “Scuola dei Merletti di Burano”, fondata nel 1872: al suo interno è possibile ammirare, oltre alla ricca collezione della Scuola, i documenti e i disegni, anche le testimonianze della produzione veneziana dal XVI al XX secolo.
Durante la Prima Guerra Mondiale la produzione dell’industria del merletto era limitata poiché le merlettaie e le ricamatrici erano occupate in altre mansioni. In quella difficile situazione di crisi, dolore, morte e battaglie, alcuni paesi, come Francia e Belgio, decisero di mantenere comunque vive le tradizioni destinando la propria produzione a ricami e merletti commemorativi e patriottici: tovagliati, centri, fazzoletti e cuscini con stemmi delle grandi casate europee o dei Paesi alleati i cui temi ricorrenti erano il leone (Belgio), il gallo (Francia), l’unicorno (Inghilterra), l’orso (Russia), l’aquila (Stati Uniti).
Con il termine tombolo si fa riferimento sia al merletto stesso che alla tecnica e al supporto utilizzato per la sua realizzazione, un cuscino imbottito di segatura e generalmente rivestito di tela verde per non far affaticare la vista, appoggiato su un cesto di vimini di forma ovale o su un supporto da terra in legno. Ne esistono di diversi tipi a seconda delle tipologie di lavorazione del merletto: in molti paesi d’Europa, ad esempio, il tombolo ha la forma di una calotta sferica, in altri cilindrica e in altri ancora piatta. Sul supporto viene poi fissato, con degli spilli, il disegno del merletto, che può essere un’eliografia, una fotocopia o un cartoncino, che farà da guida per la realizzazione del merletto. Questo viene ricoperto con un foglio adesivo di acetato, che serve a proteggere il merletto da eventuali perdite di colore del disegno. In Valle d’Aosta viene utilizzato un tombolo rivestito con una tela a quadretti scozzesi dove le merlettaie e i merlettai lavorano anche senza disegno, poiché i quadretti stessi fungono da guida per le puntature. Fra la tela del tombolo e il disegno si cerca di creare una base di appoggio più consistente per evitare che il disegno si rompa a seguito del posizionamento degli spilli che, affinché il merletto non si rovini, devono essere di ottone nichelato o di acciaio inox. Si utilizzano infine delle coppie di bastoncini di legno o di altri materiali, i fuselli, attorno ai quali viene arrotolato il filo necessario alla lavorazione. Generalmente il numero di fuselli utilizzati dipende dalla complessità e dalla tipologia di lavorazione: nella tecnica “a fili continui”, ad esempio, servono tanti più fuselli quanto più è largo il merletto, mentre nel “pizzo a nastrino” ne bastano soltanto poche coppie, che però possono andare a comporre anche merletti di grandi dimensioni.
La lavorazione a tombolo consiste essenzialmente di due movimenti, incrocio e girata, attraverso i quali si possono realizzare i vari tipi di punto, di cui i principali sono il mezzo punto, il punto tela e il punto intero.
Alla fine del lavoro, il merletto, o pizzo, o trina, realizzato con filo di cotone, lino, seta, lana o fibre sintetiche, viene staccato dai punti di supporto e può essere utilizzato in diversi modi. I merletti realizzati con la tecnica del tombolo sono utilizzati oggi come un tempo, come decorazione di stoffe, corredi, tende, come abbellimento per gli abiti o come vere e proprie opere artistiche: in funzione delle dimensioni dei filati, infatti, questi possono risultare più o meno pregiati e raffinati.
Un’arte nobile e raffinata quella del merletto a tombolo, un tesoro inestimabile che si tramanda di generazione in generazione, una tradizione, a oggi, tra le più apprezzate, anche nel mondo dell’Alta Moda. L’antica tecnica del tombolo ha infatti decorato alcuni abiti della collezione Cruise di Dior, presentata a luglio 2021. Ad impreziosire gli abiti della collezione ed i copricapi indossati dalle modelle, le farfalle, i fiori e le foglie realizzate a tombolo dalla ricamatrice Marilena Sparasci, la cui creazione ha richiesto fino a quindici ore di lavoro al giorno. Un omaggio questo alla tradizione artigianale e al grande valore dei mestieri antichi.