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Filum... sensazioni del giorno dopo

FILUM Roma … il giorno dopo, le parole…

I “sacri testi del marketing” dicono che dopo un evento importante NON bisogna tirare le somme a caldo perché non si è sufficientemente riposati e lucidi per farlo, ma questa fiera è stata la prova che noi siamo imperfetti e non siamo lucidi, né prima, né durante, né dopo.

Allora “diamo i numeri” che tanto piacciono agli economisti: poco meno di 20 espositori, una decina di maestre e maestri, circa 70-75 partecipanti al raduno, più o meno 400 visitatori. Potrebbero sembrare pochi, molti sorrideranno liquidandoci con un “troppo pochi”… allora lasciate che vi racconti questi numeri…

Gli espositori li conosciamo uno per uno, non sappiamo soltanto i loro nomi, i numeri di telefono e le email. Conosciamo le loro storie e non sappiamo dirvi qual è la più bella da raccontare… se quella di una bellissima coppia in cui lei ama il merletto e lui al suo fianco decide di aiutarla a farla diventare un’impresa familiare, oppure quella di colei che dopo 30 anni di un negozio di grande grido chiude e si dedica a lavorare il filo d’oro – e pure d’argento, acciaio, rame… – oppure quella di un ingegnere-cantante lirico, che col suo ago sembra dipingere… questi sono solo esempi, ma sono tutte storie bellissime, ve le abbiamo raccontate prima della fiera e lo rifaremo ancora nei prossimi giorni. Sono circa venti? No, non per noi, per noi sono Maria, Silvia, Franca, Maria Elena, altra Maria, Paola, Letizia, Rossano, Danilo, Pere, Carme, Anna Lisa, Simonetta, Tiziana, Giuseppina, Mirella, Gioia, Livio, Simona, Roberta, Rosa Maria, Luigia, Barbara, Lorenzo…

Parliamo delle maestre e dei maestri: 10 soltanto! Immaginate che vi metta in una stanza Leonardo, Caravaggio e Bernini a fare lezioni di arte: mi direste che “SONO POCHI”?

Nelle mani e nel cuore delle maestre e dei maestri ci sta un sapere che travalica le generazioni, alcuni tra loro sono depositari di lavorazioni e punti che si sono perduti e che soltanto loro conoscono. E anche di ciascuna e ciascuno di loro potrei raccontare storie che commuovono o lacerano il cuore, come per esempio la storia di un’emigrante che torna a Isernia e non trova più il suono dei fuselli o di qualcuna che si trova nel bel mezzo di un tragico terremoto e da un momento all’altro non ha più nulla se non le sue mani e la voglia di ricostruire.

Arriviamo al raduno… “eh ma i raduni in Spagna portano migliaia di persone”. Qui no. In quella enorme stanza eravamo meno di 100, ma diamine se sembravamo 1000! Un raduno di persone di tutta la penisola, che hanno viaggiato tutta la notte o hanno preso aerei o treni per esserci, tutte e tutti insieme per festeggiare l’amore per l’arte del merletto. Fuselli indemoniati, si muovevano tra le dita delle merlettaie e dei merlettai con una sicurezza e una velocità impossibili da calcolare e nessuno poteva smettere di sorridere e chiacchierare e confrontarsi e ridere e mostrare i propri punti o i propri pezzi e aiutare… e… ho finito le parole. Le ho terminate quando Maria, dalla grandezza della sua esperienza, con gli occhi lucidi, mi ha abbracciata dicendomi grazie perché le abbiamo restituito “il suono dei fuselli”, davanti al gruppo delle merlettaie e del merlettaio di Isernia che hanno riportato i tomboli in piazza.

Infine i visitatori… appassionati, incantati, sorpresi, meravigliati, curiosi, commossi… alcuni che raccontavano di nonne o bisnonne, altri che esclamavano “Ma non pensavo il merletto potesse essere arte”, altri impressionati dalle presentazioni dei libri fatte nei tre giorni o dalla competenza di imprenditoria delle artiste o dei fornitori espositori.

Molti convinti che il merletto potesse essere soltanto “il centrino della nonna” si sono ricreduti imparando che dietro a quel centrino oltre a ore di lavoro, competenza ed esperienza, ci stanno anche capacità imprenditoriale, marketing e negoziazione. E prima di pensare che “nonna che vuoi che ne capisca di commercio” dovrebbero ascoltare la storia delle merlettaie di Isernia che a 8 anni, per 25lire ad angoletto di merletto, portavano a casa il pasto del giorno per la famiglia o i racconti di quelle abruzzesi che riciclavano gli scarti dei falegnami per costruire attrezzi. Ascoltare esperti in economia parlare di indotto e di impresa, di economia reale e di economia del bello, di opportunità di lavoro e di emancipazione (CNA, dove eri?).

Potrei continuare, ma non finirei mai, allora lascerò che a parlare siano foto e video di questi giorni – in questo post e nei prossimi a venire –e li dedico a quella parte di persone che ancora non ho nominato: quelli che hanno finto di ignorarci. Al netto di coloro che non sono stati presenti per motivi assolutamente ragionevoli (salute, economie per il viaggio, problemi di lavoro, etc…), mi rivolgo agli altri.

Quelli che ci hanno ignorato perché pensavano che non valevamo neanche il tempo di rispondere “no” (Municipi e Comune, giornali di zona, non sentitevi chiamati in causa, eh?) oppure a coloro che si sono adoperati per far fallire il progetto che non voleva essere altro che una festa per tutti oppure a quelli che, senza mai spendere una parola di incoraggiamento o di aiuto, hanno avuto però l’estrema attenzione di sottolineare, amplificare e infierire sugli errori fatti.

Ecco, a tutti voi dedichiamo senza alcun astio, ma sincero dispiacere, queste foto. A voi posso solo dire, peccato. Vedrete persone felici, nuove amicizie e nuove collaborazioni nate, vedrete una festa e l’amore per un’arte che ci accomuna, non ci divide. Il prossimo anno ovviamente non busseremo alle vostre porte, eviteremo di disturbarvi, ma le nostre saranno di nuovo aperte e ci ritroverete di nuovo tutti insieme più felici che mai!

Grazie a tutti!