L’arte del nodo
Nel pieno della trasformazione digitale e tecnologica, nell’era in cui si vuole tutto e lo si vuole subito, in cui il consumismo ha preso il sopravvento e le macchine hanno sostituito l’uomo, si sta assistendo a un ritorno ai vecchi mestieri, soprattutto da parte delle nuove generazioni. Inoltre ci sono arti che le macchine non possono replicare e questo le rende ancora più preziose e… magiche! Una di queste è proprio il macramè, un tipo di merletto creato secondo tecniche antiche, con filati intrecciati e annodati tra loro e senza l’ausilio di nessuno strumento, che permettono di creare diverse trame.
Questa particolare tecnica di annodatura ha le medesime origini della tessitura stessa: i tessitori, infatti, erano soliti cercare soluzioni per fermare gli orditi impedendo alle trame di disfarsi. Si arrivò a realizzare delle vere e proprie decorazioni creando delle frange in fondo ai tessuti, i cui elementi venivano a loro volta suddivisi, intrecciati e annodati: ne venivano fuori dei bordi traforati che andavano da semplici reti a maglie regolari a veri e propri pizzi. Troviamo testimonianze dell’uso di queste frange come ornamento di abiti in numerosi fregi assiri del IX secolo a.C. e, nel 1978, negli scavi della città di Qasr Ibrim sul Nilo, venne rinvenuta una tunica dell’Egitto romano realizzata con questa tecnica di annodatura datata I secolo a.C.
Ma detto ciò, non è tuttavia possibile determinare né una data né un luogo d’origine della tecnica del macramè. Si pensa risalga ai tempi dei corsari e dei pirati, quando questi saccheggiavano e facevano prigioniere le donne per i propri harem lungo le coste africane, quando le giovani rapite, abili nella tecnica del macramè poiché istruite dalle anziane del villaggio, utilizzavano l’intreccio per ingannare il tempo. Anche il pallottoliere dei Fenici era realizzato con la tecnica del macramè e aveva un significato diverso a seconda del colore delle strisce. Ma anche se quella dell’intrecciare i fili è una tecnica comune ad ogni epoca e ad ogni civiltà, molti studiosi la fanno risalire ai paesi arabi, a cui se ne deve non tanto l’invenzione quanto le diverse applicazioni, la diffusione nell’area del Mediterraneo e la terminologia. Il termine macramè deriva infatti dalle parole arabe “mahramatun” (fazzoletto), “mahrana” (frangia) e “rame” (nodo). Anche alcuni dei nomi dei vari punti e motivi decorativi hanno origine dalla lingua araba: jasmine (gelsomino), ascaria (soldato), nexma (stella), rebuce (conchiglia), uarda (rosa), Mustafà, Miriam e Fatma.
Entrò nel mondo occidentale intorno al XVI-XVII secolo e si diffuse in tutta Italia, dapprima nei conventi e nei monasteri e solo successivamente tra le donne del popolo: veniva principalmente utilizzato per la realizzazione di corredi e ornamenti destinati alla chiesa e alle giovani spose. Ebbe un notevole successo soprattutto in Liguria e Chiavari, che storicamente vantava un fiorente artigianato tessile del lino, tessuto ideale per la lavorazione del macramè, divenne sin da subito un importantissimo centro di produzione. Con l’emigrazione si diffuse poi un po’ in tutto il mondo, specialmente in America meridionale. Con il tempo, il tramandarsi, la diffusione e le contaminazioni varie, questa tecnica, pur rimanendo legata ai motivi base, si è andata via via arricchendo sempre di più.
A rendere preziosa ed unica questa tecnica è il fatto che la si può apprendere ed eseguire solamente attraverso le mani: infatti, come dicevamo a inizio articolo, non vi è macchinario che possa riprodurla. Per realizzare una lavorazione in macramè servono solo il filo (la cui scelta dipende da ciò che vogliamo ottenere ma generalmente in cotone, lino o canapa) e le dita; la superficie di appoggio su verranno fissati i fili, gli spilli che li fermeranno e il portanodi saranno solo un supporto. Nel corso dei secoli, come è accaduto per molte tecniche di merletto, anche il macramè ha vissuto un’evoluzione: i disegni divennero via via sempre più elaborati e ricchi di decorazioni come perline e gemme.
Oggi il macramè, pur guardando alla tradizione, è stato reso contemporaneo da designer, creativi e stilisti in tutto il mondo che scelgono questa tecnica per decorare e impreziosire complementi d’arredo, abiti e gioielli. Nel mondo degli eventi vengono spesso utilizzati dettagli in macramè per ricreare un ricevimento in perfetto stile boho o hippie anni ’70 o dal gusto retrò o per aggiungere richiami etnici.
E nel mondo della moda?
Stavolta parliamo di abiti da sposa e della stilista Angela Solla che, nella sua nuova collezione, ha realizzato un abito in pizzo macramè: un modello affusolato in seta che delinea alla perfezione il corpo nel taglio e nella costruzione grazie a questa particolare lavorazione. L’industria dei tessuti e la moda vantano una vasta scelta di pizzi e oggi se ne fa esattamente uso come un tempo, molti sono gli stilisti che nelle loro collezioni inseriscono elementi che hanno a che vedere con le arti manuali. Ed eccoli, dettagli splendidi ripresi da antiche tradizioni, che passano dai corredi agli abiti per sottolineare non solo la storicità di questa forma d’arte ma anche e soprattutto la sua bellezza e la sua unicità.